IL PIANALTO DI POIRINO: un vasto territorio di circa 400 km quadri, un’area pianeggiante con ondulazioni ed alcuni “poggi”, posta però ad una altitudine media superiore a quella della pianura padana circostante di Carmagnola e Carignano. Di fatto con l’espressione Pianalto si intende un territorio più ristretto ed omogeneo costituito dai Comuni di Poirino, Pralormo, Isolabella, Ceresole, Cellarengo, Villanova d’Asti.
Il Pianalto è costituito da terre argillose, quindi impermeabili, sovente caratterizzate da un colore rossiccio (terre rosse, impregnate di residui ferrosi); a questo dato geologico si unisce un clima piuttosto secco, sovente ventilato, con piogge limitate specie nei mesi estivi: da qui il problema costante di approvvigionamento di acqua per l’agricoltura per colture che necessitano di irrigazioni costanti per assicurare un rendimento minimo, ovvero mais, prati e ortaggi.
In passato nei borghi e nelle cascine ci si arrangiava con pozzi artesiani scavati alla profondità di 5-10 metri, pozzi che talvolta nel periodo estivo si prosciugavano; dai rii si poteva assorbire poca acqua perché questi talvolta esondavano in primavera ed in autunno ma in estate quasi andavano a secco. E allora non rimaneva che la raccolta delle acque superficiali durante le piogge in invasi di vario tipo e dimensioni, invasi che costituivano riserve d’acqua per il periodo estivo. E così si sono formate le TAMPE, le PESCHIERE, alcuni “LAGHI” nonché le CAVE per l’estrazione di argilla per mattoni. E come attività indotta l’allevamento delle TINCHE.
TAMPE: in passato quasi tutte le famiglie-aziende agricole disponevano di una “tampa” nei pressi del sito aziendale, sia nei borghi rurali sia nelle cascine. Si trattava di fosse di varie dimensioni, che potevano andare dai cento ai mille metri quadri, scavate in origine magari per approvvigionarsi di argilla per fabbricare mattoni ma finalizzate soprattutto a costituire una riserva d’acqua per abbeverare le bestie, specie le vacche quando tornavano dal pascolo, o da utilizzare in caso di incendio, o per prelevarvi blocchi di ghiaccio da conservare nelle ghiacciaie o in via ordinaria per bagnare l’orto con prelievo di secchiate d’acqua.
PESCHIERE: termine che può essere equivalente a quello di tampe, ma solitamente indica un invaso di dimensioni maggiori, utilizzato anche per l’allevamento delle tinche. Nel corso del Novecento la crescita dell’agricoltura nel Pianalto è stata condizionata dalla insufficienza idrica nel periodo estivo; problema parzialmente risolto con l’escavazione di invasi in cui raccogliere le acque piovane dei dintorni, sfruttando la impermeabilità del suolo argilloso e l’andamento ondulato del territorio. Quest’ultimo aspetto consentiva di individuare una vallata o un lieve declivio da chiudere su due o tre lati con un argine in terra battuta e formare quindi un invaso in cui veniva raccolta l’acqua piovana incanalata attraverso fossi di fuga appositamente scavati o già esistenti. Le abbondanti piogge autunnali e primaverili (non nella presente stagione 2021-22! Non piove da mesi!) provvedevano a riempire le peschiere, che addirittura dovevano essere dotate di un sistema di “troppo pieno” che consentisse il deflusso delle acque in eccedenza, onde evitare la tracimazione e l’eventuale smottamento degli argini. E così nel Pianalto, ma in particolare nel territorio dei Comuni di Poirino (sudest, il nordovest invece presenta terreni più sabbiosi e quindi non adatti per le peschiere), di Pralormo, di Cellarengo, di Ceresole e in parte di Carmagnola, sono state scavate numerose peschiere di medie dimensioni (da mezza giornata a due giornate circa), agevolate talvolta dalla cessione dell’argilla a fornaci del posto che eseguivano lo scavo a titolo gratuito, ma anche da provvidenze pubbliche volte a favorire lo sviluppo agricolo, questo specie negli anni del secondo dopoguerra.
CAVE: come già detto, talvolta le peschiere sono state scavate da impresari che hanno prelevato argilla per le fornaci locali. Ma ci sono anche alcune cave scavate in passato (anni 50-60) esclusivamente per il prelievo di argilla; queste sono molto più profonde delle peschiere agricole (arrivano a cinque – sei metri dal piano campagna), non dispongono di argini né di bacini di raccolta di acque meteoriche, mantengono l’acqua affluita dalle falde o da pozzi, sono utilizzate per l’allevamento di vari tipi di pesce nonché di oche ed anatre. E poi ci sono le cave per inerti, scavate in particolare in occasione della costruzione dell’autostrada Torino – Piacenza e dei cavalcavia.
S. ORSOLA 2022 a cura di Alessandro Crivello e Matteo Avataneo
GUADINO (TRUBIA)
Il guadino (o salabro) è un attrezzo usato nella pesca. Si tratta di una rete a forma di cono o di sacco, con un manico più o meno lungo. È utilizzato per portare in superficie o a riva i pesci pescati.
Descrizione
Il guadino è una rete conica, fornita di un lungo manico. Ne esistono di diverse dimensioni per soddisfare le richieste di tutti i pescatori:
– il guadino corto (0,5 – 1 m) si usa principalmente per la pesca delle trote, quando il pescatore si trova coi piedi nell’acqua
– il guadino medio (3,5 – 5 m) serve quando il pescatore si trova su una banchina e il dislivello fra banchina e mare è ampio
– il guadino lungo (6 – 8 m) serve quando il pescatore si trova su degli scogli, e la distanza fra il pescatore e il mare è significativa.
L’asta del guadino è fatta di carbonio, per renderlo più leggero possibile. Un tempo era di legno.
NASSA (BERTAVEL)
Con nassa (in piemontese “Bertavel”) si intende un antico attrezzo da pesca, tuttora impiegato nella pesca tradizionale. Ve ne sono diversi tipi, a seconda delle zone e del tipo di preda.
Descrizione
I principali sono due: a campana e a barile. La nassa è costituita da una rete metallica o di plastica con, all’estremità, un “imbuto”. L’esca appesa all’interno invita il pesce, attirato dall’esca, ad entrare forzando le maglie posizionate sulla bocca della strozzatura. In questo modo la preda non è poi più in grado di lasciare la trappola.
Il martavello è un tipo di nassa fatta di rete impiegata soprattutto nelle acque interne o nelle lagune.
Le nasse sono generalmente posizionate al largo la sera, e recuperate la mattina seguente per sostituire l’esca e scaricare il pescato.
Le esche più usate sono le sarde per il forte odore che emanano il formaggio e il pane. In alcune parti del mondo è illegale pescare con le nasse.